Un week end di relax in Toscana con due coppie di amici. Quel week end doveva essere semplicemente questo.

 

Sulla nostra strada abbiamo invece incontrato la Silston. In realtà non so neanche se fosse realmente questo il nome della fabbrica, l'ho chiamata così per via di un cappello di qualche operaio, rimasto lì da chissà quando. Probabilmente dal 2005, anno a cui si sono fermati i calendari che sono ancora appesi al muro. Uno al centro di un capannone e l'altro negli spogliatoi degli operai, vicino alla macchinetta per timbrare il cartellino.

 

Un luogo silenzioso ed immenso. La sua grandezza sembra amplificare il silenzio. Ma mentre cammini in quel luogo a volte ti fermi a pensare quanto casino si dovesse sentire fino al 2005: doveva essere una fabbrica di mattoni. Un forno enorme, lungo non so quante decine di metri in cui venivano cotti i tipici mattoni rossi. Il rosso che ancora si avverte fortemente dalla polvere depositata ovunque, che addirittura dona una dominante di colore ad alcuni degli ambienti.

 

Ogni tanto sembra quasi di sentire gli schiamazzi degli operai. Persone che hanno perso di punto in bianco il lavoro. Sentiamo spesso in Tv parlare di persone che perdono il lavoro: notizie di pochi secondi che al massimo ci strappano un “oh mio Dio, come faranno ora?!?”. Lì entri negli spogliatoi, passando davanti alla macchinetta per timbrare il cartellino. Trovi decine di armadietti ancora pieni di cianfrusaglie lasciate lì per il loro scarso valore. Forse per la rabbia di quell'ultimo giorno di lavoro e per l'incapacità di prendere una scatola e portare a casa degli oggetti che a casa non sarebbero mai dovuti arrivare. Armadietti distrutti da qualche vandalo entrato dopo l'abbandono. Oppure qualcuna di quelle ammaccature sono lo sfogo di un padre di famiglia che in quel momento non riusciva neanche ad immaginare come poter sfamare sua moglie ed i suoi figli. Un pugno pieno di rabbia scagliato contro quelle porte metalliche. Un colpo di cui si sente ancora l'eco del rumore. Ognuno di quegli armadietti erano stati semplicemente il luogo per appoggiare le proprie cose durante il lavoro, mentre si sentiva provenire da fuori il casino dei macchinari e dei camion. Ora, ognuno di loro, rappresenta la storia di una persona e di tutta la sua famiglia.